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Tra sicurezza e libertà: trovare l’unità dentro di sé

Viviamo spesso intrappolati in dicotomie interiori: pace o bisogno di approvazione, libertà o sicurezza, spiritualità o materia. Ma davvero dobbiamo scegliere? In questo articolo esploro come psicologia, mindfulness e naturetherapy ci insegnano a riconoscere e integrare i nostri opposti, trasformando il conflitto in armonia e unità interiore.


Attenzione alle dicotomie!


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Cosa è la pace? Cosa è la libertà? E l’imperturbabilità?


Una citazione che ho letto di recente mi ha stimolata a riflettere su questi temi. Da un lato, le parole suonano incisive e motivanti; dall’altro, aprono una contraddizione che merita di essere esplorata.


La pace si perde ogni volta che rimaniamo intrappolati in una dicotomia, in quella lotta interna che ci costringe a scegliere tra due poli opposti.


La polarità degli opposti


Da una parte, pace interiore, imperturbabilità e libertà: dimensioni profondamente desiderabili, sempre più ricercate come dimostra il successo di guide, maestri e pratiche che promettono di insegnare la via per raggiungerle.


Dall’altra, bisogni fondamentali: approvazione, appartenenza, sicurezza materiale e psicologica, controllo. Spesso questi vengono percepiti come ostacoli, come nemici della nostra crescita interiore.


Questa contrapposizione non è nuova: da sempre l’essere umano cerca un equilibrio tra la sua dimensione materiale e quella spirituale. Ma quando queste vengono vissute come inconciliabili, la conseguenza è il conflitto interiore: sofferenza, immobilità, un vicolo cieco da cui non c’è vera uscita.


Assagioli e l’arte di armonizzare


Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi e tra i padri della psicologia umanistica e transpersonale, indicava una via di uscita diversa. Per lui, il primo passo è armonizzare le nostre parti: corpo fisico, emozioni, sentimenti, mente concreta.


Come farlo? Riconoscendo tutte queste dimensioni, prendendo atto delle influenze reciproche e dei conflitti che generano, senza identificarci totalmente con esse.


Il riconoscimento, l’accettazione e il non giudizio sono i passaggi fondamentali. Non siamo i nostri pensieri, né le nostre emozioni, né i nostri bisogni: possiamo osservarli senza esserne travolti.


Questo principio, che troviamo anche negli insegnamenti buddhisti, è alla base dei protocolli di mindfulness oggi scientificamente validati e applicati in ambito clinico, educativo e sociale.


Maslow e il primo triangolo dei bisogni


Un altro grande psicologo, Abraham Maslow, elaborò la teoria della piramide dei bisogni. Secondo la sua visione, i bisogni umani vanno soddisfatti in ordine gerarchico: solo una volta soddisfatti i più basilari (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza), si può accedere a quelli più elevati (stima, autorealizzazione, trascendenza).


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Ecco quindi che pace e libertà – collocate ai livelli alti della piramide – sembrano inaccessibili finché non abbiamo prima raggiunto sicurezza e appartenenza.


Tuttavia, questa teoria è stata criticata per la sua rigidità: sappiamo bene che, in certi momenti della vita, possiamo mettere temporaneamente da parte bisogni “bassi” per perseguirne di più “alti”.


La domanda allora ritorna: possiamo davvero “mettere da parte” i nostri bisogni di sicurezza e approvazione per vivere pace e libertà?


Riconoscere, non reprimere


La risposta è sì, ma a una condizione: i bisogni vanno riconosciuti. Non scompariranno mai del tutto, perché sono parte della nostra natura umana.


Riconoscerli non significa assecondarli ciecamente, ma sviluppare la consapevolezza necessaria per scegliere se, quando e come soddisfarli.


Il pericolo nasce quando crediamo che “mettere da parte” equivalga a reprimere o eliminare. In quel caso, i bisogni non spariscono, ma si spostano nell’inconscio, da cui continuano ad agire con ancora più forza.


Come diceva Osho:

«L’unico modo per liberarsi di qualcosa è diventarne coscienti».

Psicologia, Mindfulness, Naturetherapy: tre vie di aiuto


Psicologia: ci offre uno spazio protetto per esplorare i nostri conflitti interni, riconoscere le nostre parti e armonizzarle. Attraverso la relazione terapeutica, possiamo trasformare i bisogni e le paure in risorse di crescita.


Mindfulness: allena la presenza e il non giudizio. Impariamo a osservare pensieri ed emozioni senza identificarci, creando uno spazio interiore in cui scegliere la risposta più adatta.


Naturetherapy: la natura ci mostra ogni giorno l’armonia degli opposti: luce e ombra, nascita e morte, silenzio e movimento. In essa possiamo rispecchiarci, ritrovando il senso di appartenenza a un’unità più grande.


Il secondo triangolo: una pratica semplice


Possiamo immaginare un triangolo: alla base, i due poli in conflitto. Al vertice, una sintesi superiore, una nuova qualità che integra entrambi.


Non si tratta di un esercizio puramente razionale: questa sintesi nasce da un processo di ascolto e comprensione amorevole.


Ecco un piccolo esercizio:


1. Riconoscere gli opposti. Quando siamo tormentati da un conflitto, scriviamo chiaramente i due poli che ci dividono.

2. Creare spazio. Dedichiamo qualche minuto alla meditazione o a un momento di silenzio in natura, lasciando che i due opposti convivano in noi.

3. Attendere la sintesi. Dal dialogo interiore può emergere un concetto nuovo, una parola, un’immagine che unisce i poli in un piano più ampio.


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Ad esempio, dal conflitto tra sicurezza e libertà può nascere la parola fiducia: una qualità che contiene entrambe, trasformandole in unità.


Conclusione: verso l’unità interiore


Il lavoro con le polarità non è teorico, ma profondamente pratico. Ogni conflitto interiore è un’occasione per crescere in consapevolezza, per trasformare la tensione in nuova energia vitale.


La pace, la libertà e l’imperturbabilità non si conquistano negando parti di noi, ma integrandole.


Come la natura ci insegna, gli opposti non si annullano: si abbracciano, e dal loro incontro nasce la vita. 🌿










 
 
 

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